Vita da chef: il dietro alle quinte del Lamo Restaurant
17/07/2019

Vita da chef: il dietro alle quinte del Lamo Restaurant

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Il Lamo Restaurant Milano è conosciuto per il suo menu contemporaneo, un incontro tra la tradizione italiana più verace e contaminazioni orientali e tropicali. A capo della cucina c’è Gabriele Badini, 35 anni e una grande esperienza nelle migliori brigate milanesi. Gabriele è l’ideatore dei 5 piatti speciali dei mercoledì al Lamo, l’evento in partnership con WMF che offre una nuova esperienza del dining. Abbiamo voluto conoscere più a fondo la vita dello chef e Gabriele ci ha raccontato la sua storia.

Ci racconti il tuo percorso per diventare chef?

Faccio lo chef da sempre. Finita la scuola alberghiera a Milano – la Carlo Porta – ho fatto il mio primo stage da Cracco e mi sono innamorato di questo mestiere. Ho seguito tutti i gradi della gavetta: da secondo commis a chef, intraprendendo qualche esperienza in alberghi di lusso e all’estero. La prima qualifica da chef è arrivata a 28 anni in un rinomato ristorante di pesce milanese, dove ho lavorato per 3 anni. Poi ho aperto un mio locale, gestito per 4 anni, fino ad arrivare al Lamo Restaurant Milano.

Che cosa vuol dire per te fare lo chef?

Fare lo chef non vuol dire tanto essere bravi in cucina o avere grandi conoscenze, bisogna saper coordinare un team. Per esempio, io ne ho uno di 6 persone di cui 5 hanno in media 22/23 anni. È un po’ come quando un giocatore a fine carriera deve essere bravo a gestire la squadra, compresi i ragazzi più giovani. Bisogna motivarli, capire le situazioni in anticipo e avere capacità di problem solving. Con l’esperienza si impara a reggere la pressione in cucina, che nel nostro lavoro è sempre alle stelle.

Quanto tempo dedichi alla ricerca di nuovi sapori e piatti?

Quando sono libero faccio corsi di aggiornamento, soprattutto da altri chef perché non c’è cosa migliore del vedere come si lavora al di fuori della tua cucina. Ormai con il web è facile trovare delle ricette particolari e realizzarle, ma non è quello che fa lo chef. C’è infatti la ricerca del prodotto, le nuove tecnologie e le culture a cui ispirarsi. Nel mio caso, quella del Lamo Restaurant è la prima esperienza fusion con tantissime influenze estere, non solo orientali, anche brasiliane e africane. Per fare questo è importante dedicare tempo allo studio.

Qual è la tua specialità tra i piatti del Lamo Restaurant Milano?

Mi diverto molto a preparare i secondi per la difficoltà nell’affinatura del piatto, soprattutto per la cottura, l’aspetto cromatico e le diverse consistenze da unire. Mi piace molto anche la pasticceria, ma al Lamo collaboriamo con un pasticcere e non mi dedico a quel tipo di preparazioni.

Collabori con Gianluca Di Giorgio, com’è lavorare in coppia con un barman?

La moda degli ultimi anni è proprio quella di abbinare la cucina alla mixology. Il Lamo Restaurant Milano si presta bene a questo concetto perché è famoso per la sua cucina ed è un ottimo bar. Collaborare con Gianluca è un grande stimolo per la creatività, mi piacerebbe implementare la richiesta degli abbinamenti a partire dai finger food fino al dolce. 

Quali sono le novità della cucina Lamo di quest’estate?

Abbiamo lavorato sulle temperature shock, proponendo degli accostamenti caldo e freddo. Per esempio, serviamo un trancio di ombrina con un gelato al foie gras o al basilico e crumble croccanti. 

Che cosa consigli a un cliente curioso che viene la prima volta al Lamo?

I crudi sono il nostro cavallo di battaglia. Se dovessi consigliare un primo piatto con cui scoprire la nostra cucina sarebbe sicuramente uno di quelli. Creiamo anche dei menu degustazione sul momento. In particolare, io vado dal cliente con Stephan (il gestore del locale, ndr)e in base ai gusti del cliente realizzo un percorso degustativo e sensoriale personale. 

A chi vuole intraprendere la carriera da chef cosa consiglieresti?

Non pensare di uscire dalla scuola e sentirsi già chef. Ricordo ancora il mio primo giorno, le aspettative erano altissime e mi hanno fatto a pezzi. In solo un giorno ho capito che sarebbe stato un inferno. Ciò che consiglio è il sacrificio e la voglia di non mollare mai, se si ama davvero questo lavoro. 

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